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fabio massimo capogrosso, libero e perpetuo fuoco creativo

Aggiornamento: 16 giu 2023

Innovazione ed evoluzione: così la musica classica contemporanea si propone anche agli occhi dei più conservatori che spesso non vogliono dirigersi verso nuovi orizzonti, guardando diffidenti i rinnovati germogli.

L'amore per i compositori del passato non deve farci scordare che la musica ha necessità di essere considerata nel suo attuale presente, più che mai. Tantissimi gli artisti che pur non rinnegando il passato, lo hanno assimilato e sfruttato per proporsi attraverso un loro personale sentire; si perché l'audacia, la si vede nel realizzare soprattutto ciò che nasce dalla nostra unicità e dall'impegno.

In molte arti si ha la tendenza ad enfatizzare i nomi che hanno determinato l'evoluzione delle stesse, perdendo però di vista il ricambio generazionale, un progresso che abbiamo il dovere di incoraggiare.


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Ph: Flavio Ianniello

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Ph: Flavio Ianniello

Fabio Massimo Capogrosso, compositore di libertà creativa e potente talento, ha ribadito che il coraggio da parte delle istituzioni e delle soprintendenze per proporre musica contemporanea è fondamentale.

Autore di musica sinfonica, cameristica e teatrale, ha ottenuto importanti riconoscimenti anche all’estero ed il suo stile emerge con naturalezza, distinguendosi per il linguaggio espressivo ed articolato.

Anche nel cinema Fabio Massimo Capogrosso ha fatto il suo ingresso perché quest'arte, mostra da sempre "la capacità di parlare al cuore dei semplici così come quello degli intellettuali".

Ogni film è la sua colonna sonora e non un semplice accompagnamento, ma una fusione che spesso porta la proiezione ad essere riconosciuta e ricordata proprio per le composizioni che la sublimano.

Quando parliamo di musica classica contemporanea, ci riferiamo al composizione che parte dalla fine della seconda guerra mondiale fino ad arrivare ai giorni nostri.

Possiamo riconoscere quindi due periodi: dagli anni '40 agli anni '70 abbiamo musica elettroacustica, serialismo, musica concreta, musica sperimentale, musica minimalista mentre dagli anni '70 in poi parliamo di musica postmoderna, neo-tonalismo, musica spettrale.

Con gli anni cinquanta la musica prende numerose strade e quella aleatoria ne è un'espressione evidente; casualità ed improvvisazione fanno da padrone ed abbandonano così i concetti di rigore e pianificazione; il compositore si rifiuta di utilizzare qualsiasi controllo sul procedimento creativo e lancia monetine, getta i dadi o pesca carte dal mazzo, per organizzare i suoni o gli eventi sonori.

Tra i più grandi rappresentanti ricordiamo gli italiani Bruno Maderna e Franco Donatoni, l'americano John Cage ed il tedesco Karlheinz Stockhausen.

In questo scenario si inseriscono anche i lavori di John Cage per il cinema come Music for Marcel Duchamp, per il film Dreams that money can buy di Hans Richter e le musiche per il film di Herbert Matter, Works of Calder.

Altra strada la percorriamo attraverso la musica concreta, che trova impiego anche nelle musiche di scena, nei film e per la radio. Il materiale creativo lo si ottiene con registrazioni su nastro magnetico di suoni e rumori ambientali; nuova corrente musicale il cui ideatore e realizzatore è il compositore e teorico francese P. Schaeffer.

In modo analogo ai processi di montaggio e mixaggio cinematografici, il materiale viene

poi modificato e rielaborato dal compositore; taglio e riassemblaggio del nastro, scorrimento a velocità variabile, ripetizione e inversione di frammenti.

Passiamo poi alla micropolifonia il cui padre è sicuramente György Ligeti con Atmosphères, Requiem e Lux aeterna tra le meraviglie realizzate.

Estratti di queste composizioni vengono utilizzati come colonna sonora del film 2001: a space odyssey di Stanley Kubrik, il quale sceglie brani di Ligeti anche per i film Shining e Eyes wide shut.

Grazie alla musica di Ligeti, i thriller riescono a coinvolgere così tanto lo spettatore da fargli accapponare la pelle e creare una suspense inconfondibile; in Shining nella scena di Jack Nicholson che con un'ascia insegue Shelley Duvall, il terrore è palpabile.

Abbiamo poi la musica minimalista negli Stati Uniti ed una delle più alte espressioni del minimalismo musicale americano è senza dubbio la colonna sonora di Philip Glass per il film Koyaanisqatsi diretto nel 1982 da Godfrey Reggio.

Tra i più originali eredi del minimalismo americano di Philip Glass e Steve Reich, troviamo Michael Nyman che raggiunge la notorietà grazie alle colonne sonore composte per i film di Peter Greenaway, in particolare quelle per L'ultima tempesta, I misteri del giardino di Compton House, Il cuoco, il ladro, suo marito e l'amante e Lo zoo di Venere.

Alcuni dei precedenti cenni sulla storia della musica del periodo del dopoguerra, ci conducono inevitabilmente ad uno dei momenti storici italiani più determinanti per il grande schermo; celebri e stimati registi collaborano con brillanti compositori che la penisola possiede, contribuendo così a rendere grande il cinema italiano in tutto il mondo.

Risuonano i nomi di Alessandro Cicognini, Carlo Savina, Piero Piccioni, Armando Trovajoli, Carlo Rustichelli e Riz Ortolani.

Musica sinfonica, sperimentazione ed innovazione musicale sono basilari anche per il grande Ennio Morricone e Nino Rota che incarnano i più alti standard di maestria.

Ed è proprio il film I pugni in tasca, il primo lungometraggio di Marco Bellocchio, ad avere la colonna sonora firmata da Ennio Morricone.

Fabio Massimo Capogrosso ha avuto l'opportunità di confrontarsi e cooperare con uno dei maggiori registi del nostro tempo; assieme a Marco Bellocchio è di recente ritorno dalla 68ª edizione dei David di Donatello, che si è svolta il 10 maggio 2023 negli Studi Lumina a Roma dove lo stesso regista è stato premiato per la MIGLIOR REGIA con il film Esterno notte oltre a miglior attore protagonista, miglior montaggio e miglior truccatore mentre Capogrosso candidato come MIGLIORE COMPOSITORE.

I brani composti dal maestro, che sono sedici, sono stati registrati a Praga dalla Czech National Symphony Orchestra, diretta dal maestro Marek Stilec. La drammaticità che scandisce e permea le immagini sui i drammatici giorni del sequestro di Aldo Moro, penetra vivida nell'anima dell'ascoltatore così che anche gli aspetti più grotteschi, incomprensibili e paradossali emergano nel ventaglio delle sensazioni e percezioni.


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Fabio Massimo Capogrosso con Marco Bellocchio e la compagna Francesca Calvelli

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Con Stefano Mariotti e Francesca Calvelli

Il nuovo film del maestro Marco Bellocchio "Rapito" è stato in concorso alla 76ª edizione del Festival di Cannes, di cui Fabio Massimo Capogrosso è nuovamente l'autore delle musiche e per le quali è stato candidato al Cannes soundtrack Award; al precedente Festival era stato presentato "Esterno Notte".

Il film è incentrato sulla storia di Edgardo Mortara, il bambino ebreo che nel 1858 fu strappato alla sua famiglia di origine per essere allevato da cattolico sotto la custodia di Papa Pio IX.

I lavori del maestro Bellocchio, negli anni, hanno visto il susseguirsi di collaborazioni con eccezionali compositori; oltre all'indelebile Ennio Morricone anche con Carlo Crivelli e Nicola Piovani.

Attraverso gli ultimi lavori del regista, Fabio Massimo Capogrosso si unisce così ai nomi degli illustri professionisti del mondo cinematografico, confermando la sua professionalità ed una preparazione impeccabili.

Alla dimensione in cui si trova un compositore, bisogna sempre avvicinarsi con soave gentilezza; la musica è indispensabile quanto un'ottima sceneggiatura e mentre con la prima si scrivono note, con la seconda si scelgono le giuste parole. Le parole si sigillano con l'immagine e la musica non fa altro che avvolgerle entrambe, conducendole nell'anima dello spettatore. Entriamo quindi ora con il maestro Capogrosso, in quell'anima di chi riesce a rendere le note, voce narrante.


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Ph: LMA STUDIO

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Ph: Flavio Ianniello

Fabio Massimo Capogrosso è un compositore umbro.

Intraprende fin da piccolo lo studio del pianoforte per poi diplomarsi in composizione al Conservatorio dell’Aquila.

Nato a Perugia è il primo compositore in residenza della storia della Filarmonica Toscanini e vince il Bassoon Chamber Music Composition Competition negli Stati Uniti d’America nel 2015, con il brano 4 Miniature per 4 Strumenti a Fiato.

Nel marzo del 2016 si trova su invito a Tampa, come vincitore del Call for score del New Music Festival indetto dall’University of South Florida.

Il maestro è ospite anche presso importanti Istituzioni e Festival nazionali ed internazionali come l’ Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Il Teatro Alla Scala di Milano, I concerti della IUC, i Suoni delle Dolomiti, I concerti della Scuola Normale Superiore di Pisa, I concerti degli Amici della Musica di Verona, San Francisco International Piano Festival, Rebecca Penneys Piano Festival, Villa Pennisi in Musica, Pietre che Cantano, il festival Internazionale di Mezza Estate; e in teatri come il Grande di Brescia, il Parco della Musica di Roma, il Cilea di Reggio, il Palladium di Roma, Britton Recital Hall dell'Università del Michigan, Barness Music Recital Hall dell'Università della Florida del Sud.

Lavora con artisti come Carlo Boccadoro, Pamela Villoresi, Marius Bizau, Gianfranco Rosi. Sue composizioni sono eseguite in Italia, Spagna, Germania, Polonia, Belgio, Florida, California, Michigan, Korea del Sud, Cina da ensemble di chiara fama, tra cui: Sentieri Selvaggi, Sestetto Stradivari dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Fabrizio Meloni e i Percussionisti della Scala, Quartetto Falstaff, Red4Quartet dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, President’s Trio dell’University of South Florida, Strings & Hammers, Trio Solotarev; e da musicisti come Sesto Quatrini, Francesco Libetta, Ives Abel, Francesco Cilluffo, Orazio Sciortino, Anastasia Feruleva, Alessandro Soccorsi, Mara Oosterbaan, Edevaldo Mulla, Mina Mijovic, Eunmi Ko, Nina Kim, Conor Nelson, Emily Diez, Kevin Schempf e Susan Nelson McNamee.

E' tra i vincitori della nona edizione del Discover America, il prestigioso concorso indetto dal Chicago Ensemble, e del primo premio al Keuris Composers Contest 2018.

Scelto dal M° Marco Bellocchio, palma d’oro alla carriera, compone la colonna sonora di Esterno Notte, con Fabrizio Gifuni, Tony Servillo, Margherita Buy, Fausto Russo Alesi e per il film Rapito in concorso alla 76ª edizione del Festival di Cannes.

E’ protagonista di Oltre la maschera, documentario di Andrea Campajola prodotto da Edizioni Curci e CIDIM-Comitato Nazionale Italiano Musica.

Scorgo riservatezza e necessità di andare in profondità nelle opere di Fabio Massimo Capogrosso, con la conseguenza di rendere ancor più le note, vivo calore che attraversa l'ascoltatore. Infuocate emozioni contrastanti, animano le sue composizioni la cui passione ed il fervore, tipici del compositore famelico, portano a sentire non solo attraverso l'udito.

Con altrettanta passione mi ha fatta entrare nel suo mondo, fatto di dedizione e di intuizione di cui io ho colto e percepito la sconfinata magnificenza.


Fabio quale sensazione ti suscita l'esser entrato con il tuo lavoro nel mondo cinematografico, a fianco del maestro Marco Bellocchio?

Entrambe le ultime opere del maestro, Esterno Notte e Rapito, rimandano a fatti realmente accaduti mediante basi storiche che sono il filo conduttore primario e che quindi "risvegliano" lo spettatore, alla realtà che lo circonda: immagino che mentre componevi sentivi in qualche modo di vivere, seppur cronologicamente in periodi differenti, la situazione per interpretarla nella modalità più affine...Raccontaci.


Sicuramente un sentimento di grande gioia e di grande orgoglio...Per me è un'onore aver avuto l'opportunità di lavorare con un maestro come Marco Bellocchio, che considero uno dei più grandi registi della storia del nostro cinema. Produce capolavori da oltre cinquant'anni ed è sempre stato affiancato da illustri musicisti e per questo è divenuto, un momento di immensa felicità e gratificazione.

Per quanto riguarda "Esterno Notte", pur non avendo vissuto quei momenti, l'impatto con la sceneggiatura che reputo un capolavoro, mi ha trasmesso sentimenti così forti che ho avuto come l'impressione di tornare indietro nel tempo e a quei giorni.


Ho visionato Esterno Notte...L'impeccabile lavoro e la meticolosa ricerca del maestro Marco Bellocchio per ricostruire al meglio il sequestro, la prigionia e l'uccisione di Aldo Moro è evidente.

Mi ha colpito la sceneggiatura che prevede dei dialoghi estremamente disarmanti, come quello del Papa che chiede aiuto per scrivere alle brigate rosse, quasi perdendo la percezione della sua posizione, facendosi semplice uomo addolorato e paradossalmente impotente. Le tue musiche Fabio entrano come un ferro rovente nell'anima, la marchiano.

"Il Valzer delle maschere" durante il giuramento dei sottosegretari del nuovo governo, il "Requiem per via Caetani" durante il ritrovamento del corpo di Aldo Moro, "Confessione" che scandisce i minuti tra Aldo Moro ed il sacerdote inviato nel covo delle brigate rosse...Vorrei che mi rendessi queste note poetiche...con tue parole...


Mi fa piacere che hai citato questi brani, che sono i tre a cui sono forse più legato aggiungendo "Tema dello Stato".

Per quanto riguarda "Il Valzer delle maschere" ricordo proprio che, leggendo la sceneggiatura, si ponevano a confronto due avvenimenti molto forti ovvero quello del rapimento di Aldo Moro ed in netto contrasto il giuramento dei sottosegretari, il tutto in un'atmosfera grottesca; ho immaginato questo valzer che è chiaramente un'omaggio a Shostakovich, pensando che da li partisse una sorta di balletto di questa drammatica vicenda.

Per quanto riguarda "Confessione" invece, l'ho scritto quando ho ricevuto il girato di quella scena potendola visionare da tante angolature; ogni telecamera mi ha permesso di vedere l'interpretazione per cui credo non ci siano abbastanza parole di merito per Fabrizio Gifuni, se non rimarcare il momento di cinema gigantesco.

Ricordo che quando ho visto il girato, mi sono molto commosso ed emozionato ed ho scritto questo lungo brano cercando di seguire l'onda del suo discorso a momenti carico di compassione, a momenti di disperazione e poi i respiri, i silenzi...Quell'istante di cinema per me è decisamente un'opera eccelsa, quindi ho cercato di scrivere una musica che potesse seguire il dialogo senza sovrapporsi ad esso, accompagnandolo con delicatezza e profondità.

Il "Requiem" invece l'ho composto anche quello sulla sceneggiatura, per questo sono tre brani ai quali sono molto legato ma in realtà l'avevo pensato per un altro momento che è la Via Crucis; poi come spesso avviene in montaggio, ci si affida anche all'intuizione e al genio dei montatori. Ho avuto la fortuna di lavorare con Francesca Calvelli che reputo veramente la più grande montatrice italiana e con Claudio Misantoni, ed è stata una loro prontezza far coincidere poi quella musica al momento del ritrovamento del corpo di Aldo Moro; chiaramente poi io l'ho dovuto adattare alla scena e sistemare, ma rimane sicuramente il brano più complesso musicalmente parlando, come orchestrazione, come struttura dell'intera colonna sonora.

Il "Tema dello Stato" invece è stata una richiesta di Marco e Francesca, che hanno pensato servisse un tema che enfatizzasse come lo Stato ci fosse, reagisse...ma fiancheggiato sempre dalla componente grottesca che poi è quella che circonda anche l'atmosfera del componimento; parte con un'andamento molto marziale ma poi i fagotti in modo altrettanto grottesco, accompagnano tutto l'incedere del brano.


Il maestro Bellocchio ha lavorato con Morricone per le musiche, con Carlo Crivelli e Nicola Piovani...Sicuramente essendo stato sempre in contatto con grandi compositori, ha colto subito la tua preparazione e sensibilità artistica dato che lui stesso riesce a trasmetterne attraverso i suoi lungometraggi...Cosa pensi dei compositori italiani dediti al cinema e quali sono quelli di cui apprezzi maggiormente il lavoro?


Pensare che Marco Bellocchio abbia lavorato con compositori come Morricone, Crivelli e Piovani ma vorrei aggiungere Astor Piazzolla, considerato uno dei più grandi musicisti del '900, che il maestro ha chiamato per il film Henry IV è un grandissimo onore.

Per quanto riguarda i compositori del cinema contemporaneo, ho grande stima per quei maestri che hanno mantenuto la loro integrità stilistica e quindi Morricone è inarrivabile, un punto di riferimento straordinario per originalità, per capacità tecniche, per intuizione;

ma anche Carlo Crivelli, Franco Piersanti di cui ho una stima infinita...diciamo tutti compositori che sono comunque riconoscibili, che conservano un loro stile e che vengono chiamati per questo. Non mi piace l'idea che un compositore sia una sorta di Jukebox, al quale viene fatta una richiesta ed uno debba poi eseguire a comando.

C'è chi plasma certe volte, devo dire, chiedendo la collaborazione ad altri musicisti; questa è una cosa che io non amo. Per me scrivere un pezzo è un momento molto intimo, molto personale e quindi sono orgoglioso che per i miei lavori Esterno Notte e anche Rapito ho scritto ogni singola articolazione di ogni singola nota, tutto da solo...questo per me è estremamente importante.


Hai vinto svariati premi all'estero, mi viene quindi spontaneo chiederti le differenze tra le opportunità al di fuori dall'Italia e quelle offerte dal nostro paese attualmente.

Il tuo punto di vista è prezioso soprattutto data anche l'esperienza come docente...


Ho ricevuto riconoscimenti all'estero ma devo dire che fortunatamente ne ho avuti anche in Italia, quindi non saprei dire grandi differenze.

Forse la cosa che mi ha colpito maggiormente è che quando sono stato in America, ho trovato una grande varietà di linguaggi musicali all'interno dello stesso Festival, della stessa manifestazione; in Italia è diverso a partire da un sistema chiamiamolo "delle parrocchie" cioè quello dell'avanguardia e quello dei compositori un pò più tonali, mentre a me piace molto questa libertà di pensiero che ho individuato in America. In Italia abbiamo un gruppo come Sentieri Selvaggi di Carlo Boccadoro, direttore artistico e musicale, con il quale ho la fortuna di lavorare da diversi anni. Sicuramente in America c'è un'idea di musica intesa come business che da noi manca completamente; in Italia la figura del musicista sembra sia un diletto, un hobby quando in realtà c'è tanto lavoro dietro le quinte e non comprendono che con la musica si può e si deve guadagnare, ma così con l'arte in generale. Da questo punto di vista gli americani stanno cento anni avanti. Per quanto riguarda la qualità di noi musicisti italiani non abbiamo nulla da invidiare, sia come compositori che come esecutori...il talento italiano secondo me è inarrivabile, questo lo dice la storia.


Tradizione vs innovazione...Torno sull'importanza da te espressa, ma che condivido pienamente, di far conoscere in modo appropriato ma soprattutto senza timori la musica contemporanea. Pensi che in qualche modo l'Italia sia ancorata troppo, ad un passato che va rispettato ma non reso esclusivo? C'è titubanza verso le forme sperimentali della musica e quindi si preferisce privilegiare i grandi classici con la speranza di non commettere errore, di non azzardare?


L'impronta che ho dato a queste mie colonne sonore non è tanto un discorso di tradizione vs innovazione; io provengo da un percorso di studi accademici e durante questo percorso ho avuto la possibilità e la capacità di sviluppare un mio linguaggio, che è decisamente personale. Ci sono chiaramente sempre dei riferimenti, ma questo vale per tutti i compositori nella storia della musica; nel mio caso per esempio si sente l'influenza della musica russa data da compositori come Stravinskij, Shostakovich però per me è importante soprattutto che un'artista sia riconoscibile, abbia il suo linguaggio, il suo timbro, la sua voce. Questo è un pensiero nel quale io credo fortemente e questo succede quando dedichi molto tempo ad indagare, a studiare sulle tue partiture, su te stesso ma anche analizzando partiture di altri grandi compositori; sono convinto che un percorso accademico sia necessario, poi di conseguenza viene il cinema, il teatro, la televisione ma se uno non è un compositore con un percorso solido alle spalle, vedo difficile che possa maturare una propria identità linguistica.

La musica può sposarsi ad immagini, come nel caso del cinema, oppure possiamo lasciare che le immagini si formino spontanee nella mente di chi ascolta una composizione...

Credo che assomigli molto a ciò che differenzia la sceneggiatura dalla narrativa...La prima ha finalità visive, la seconda se non scelta per essere trasformata in opera visiva, ci lascia libertà di immaginazione e interpretazione, in quella sala cinematografica che è la nostra mente.

Cosa differenzia quindi il lavoro del compositore con finalità cinematografiche, da quello invece in un contesto non legato necessariamente ad un accompagnamento visivo? Da cosa ti lasci ispirare e come ti approcci a questi due mondi?


Chiaramente delle differenze fra lo scrivere un brano legato al cinema oppure un brano di musica assoluta vi sono: nel primo caso per l'appunto nel confronto che avviene con una sceneggiatura, con immagini che hanno un loro colore, un loro timbro, con le interpretazioni degli attori, ma soprattutto cosa più importante con la visione del regista; vi è quindi un grosso elemento di condivisione.

Quando invece si scrive musica assoluta, sebbene io abbia sempre cercato ispirazione di natura letteraria o pittorica nei miei brani e quindi evidentemente anche per questo credo di essere portato per il cinema, sei solo tu, la tua musica, il tuo pentagramma, le tue idee.

Nel cinema le tue idee devono entrare in contatto con quelle del regista, bisogna avere una visione comune e comprenderne il punto di vista in una determinata scena, di un determinato film; questo certe volte è complesso perché la visione può risultare estremamente personale e non in linea con la propria, ma l'importante è afferrare cosa vi legge il regista. Non è sempre semplice, però bisogna avere la disponibilità e l'umiltà di mettersi a confronto; interfacciarmi frequentemente con Marco Bellocchio, trascorrere del tempo con lui, ascoltare con piacere il raccontare di certi aneddoti, la sua prospettiva su una scena è stato un momento formativo, un'opportunità di crescita ed una grande gioia.


Fabio ho letto che prima ancora di voler necessariamente comporre per il cinema, vuoi che il progetto stesso si riveli di degna profondità artistica e sono assolutamente d'accordo...Sappiamo infatti che anche nel cinema abbiamo da un lato materiale di intrattenimento e poi dall'altro delle colonne cinematografiche con la C maiuscola...Quali sono secondo te dei film che sono intramontabili soprattutto per le colonne sonore?


Avendo un background di studi alle spalle devo comprendere se la mia musica può dare qualcosa ad un progetto. Non sento di poter comporre indipendentemente per qualsiasi lavoro; ho necessità che una sceneggiatura, un'idea mi stimoli delle riflessioni internamente e mi faccia comprendere se la mia musica possa essere un'elemento di rafforzo ed arricchimento. Non miro ad avere un numero infinito di progetti contemporaneamente, ma la mia priorità è quella sempre di fare dell'arte di qualità. Non voglio con questo denigrare chi esegue svariati progetti trovando una musica adatta a lavori completamente distanti tra loro; semplicemente è un punto di vista mio personale e differente. Ognuno segue poi le sue intuizioni, ma per me è importante scorgere in un progetto la possibilità di fare dell'arte e devo dire che chiaramente con Marco Bellocchio, ma anche con altri lavori che sto affrontando adesso, questo aspetto ce l'ho avuto molto chiaro.

Per quanto riguarda i film indimenticabili per le musiche, personalmente trovo straordinaria la colonna sonora di "C'era una volta in America" di Ennio Morricone e “The Hateful Eight” con la quale ha vinto il premio Oscar per la miglior colonna sonora originale.

Aggiungerei inoltre "Psycho" e "Vertigo" di Bernard Herrmann e per la concezione orchestrale, la partitura di John Williams di "Star Wars"...davvero eccezionale.


76ª edizione del Festival di Cannes e candidato al Cannes Soundtrack Award.

Nuovamente a fianco del Maestro Marco Bellocchio, questa volta con le musiche per l'opera "Rapito", la cui storia era nei piani di Steven Spielberg.

Come è stata l'esperienza?


Cannes è stata un'esperienza pazzesca perché venendo da un quartiere periferico di Roma e conducendo una vita piuttosto isolata data dalla composizione, che porta in qualche modo all'alienazione, trovarsi in un delirio come quello di Cannes è qualcosa di inspiegabile; un momento fortemente emozionante il benvenuto trionfale e la standing ovation con cui è stato accolto Marco Bellocchio. Quando lavori con un artista ti affezioni anche umanamente, si crea un rapporto intenso e vederlo commosso all'entrata in sala è stato coinvolgente e toccante. Ulteriore onore è stato l'essere candidato al Cannes Soundtrack Award accanto a nomi come Ryuichi Sakamoto, Alexandre Desplat, Franco Piersanti; essere accostato a questi grandi musicisti è motivo di orgoglio e gioia.


Colgo l'occasione per ricordare la vittoria di Justine Triet al Festival di Cannes appena svoltosi, terza donna come regista dopo Jane Campion (Lezioni di piano, 1993) e Julia Ducournau (Titane, 2021). Jane Fonda ha rammentato che alla sua prima volta al festival, nel 1963, donne registe non ce n'erano mentre quest'anno le donne in concorso erano sette.

Sicuramente un significativo passo, verso un'evoluzione determinante per le donne; finalmente talento e capacità tutte al femminile, ed un numero sempre maggiore di donne in questo ruolo. Anche il ritardo della comparsa della donna nel mondo della musica è dovuto alla discriminazione femminile e al ruolo subalterno che le donne rivestivano nella società.

Cosa ne pensi a riguardo Fabio?


Pur non avendo visto ancora il film che ha vinto, credo che quando si parli di arte fare distinzione tra uomini e donne non abbia motivo di sussistere come anche il famoso discorso delle quote rosa; bisogna premiare il talento, bisogna premiare la genialità degli artisti indipendentemente che siano maschi o femmine che per me rimane irrilevante. Questa dovrebbe essere la linea guida poi purtroppo non è sempre così, ma credo che dovrebbe diventarlo.


Dopo tanti traguardi raggiunti pur la tua giovane età Fabio, quali sogni e prospettive hai nei confronti della musica? Progetti a cui stai lavorando o su cui desideri lavorare?


Attualmente lavoro con un giovane regista che possiede un talento incredibile, Gianluca Jodice. Dopo il film "Il cattivo poeta", sta realizzando un meraviglioso lungometraggio che si intitola "Le Déluge", una produzione italo-francese; nel cast sono presenti grandi attrici ed attori, come Mélanie Laurent e Guillaume Canet.

Sono molto felice di lavorare con un regista come Gianluca, dato che sta eseguendo un lavoro straordinario e per le restanti prospettive, mi auguro di poter aver l'opportunità di lavorare a progetti stimolanti, ritagliandomi però il tempo necessario per scrivere sempre con passione ed entusiasmo la mia musica extra cinema...da li provengo ed è la massima espressione della mia natura.


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Ph: Flavio Ianniello

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Ph: Flavio Ianniello

Il maestro Capogrosso è uno dei quei compositori la cui rara sensibilità e dote artistica diventano magnetiche per chiunque apprezzi la musica, come espressione dell'interiorità umana e della complessità di cui è composta. La sua necessità di trasmettere in primis con l'intenzione di accrescere e coinvolgere, senza il capriccio di un'esibizione fine a se stessa, lo eleva come artista e come uomo. Seppur i traguardi nella sua vita non siano mancati, non viene mai meno l'umiltà e l'osservazione discreta da poeta della musica.

Le stesse influenze, che fanno capolino nella suo percorso formativo, rivelano un animo complesso, forte personalità e uno stile molto originale; Dmitri Shostakovich affermava: "Un artista creativo lavora alla sua prossima composizione perché non era soddisfatto di quella precedente". Credo che una mente geniale sia sempre alla continua ricerca di stimoli, in una sorta di tormento interiore che si placa solo quando ha trovato il modo di esprimere le sue idee, quando ciò che ha necessità di esternare attraverso la propria arte si plasma secondo la sua volontà e la sua visione...spesso anch'esse in continuo mutamento. L'esterno è solo la molla necessaria affinché questo avvenga, perché attraverso la percezione soggettiva del mondo che poi interiorizziamo, si racconta in modo differente la vita; la musica si fa dunque narrazione attraverso note.

La fiamma di chi compone è viva, ma spesso rischia di consumare e bruciare chi ne è portatore, sicuramente scrivere musica richiede energia; il cinema si è nutrito di questa fiamma in tutti i modi possibili, in tutti quei modi che gli hanno permesso di enfatizzare, di amplificare, di completare, di sublimare il suo messaggio.

Pensate a quanti registi hanno utilizzato la potenza della musica italiana per incidere profondamente lo spirito dello spettatore: pensate a Giuseppe Verdi, uno dei più grandi operisti e compositori di ogni tempo -ed è proprio La Marcia Trionfale dell'Aida di Giuseppe Verdi che accompagna le immagini di "Buongiorno, notte" di Marco Bellocchio-

a "Il Padrino", dove le note della Traviata sanciscono le nozze tra Apolonnia e Michael Corleone, oppure a "Bravissimo" di Luigi D'Amico, dove Alberto Sordi incontra Gigetto, un bambino dall'incredibile voce da baritono, capace di cantare alla perfezione il "Rigoletto".

In "Opera", scritto e diretto da Dario Argento, un allestimento del Macbeth di Giuseppe Verdi è funestato da una serie di delitti; in "Inferno", sempre di Dario Argento, possiamo riconoscere le note del "Nabucco"; in "Senso" -il capolavoro diretto da Luchino Visconti- la musica de "Il Trovatore" riempie il palco del Teatro La Fenice di Venezia, mentre i patrioti risorgimentali gridano "Viva l'Italia"; in "Amici Miei" di Mario Monicelli compare l'uso goliardico di "Bella figlia dell'amore", quartetto vocale dell'opera Rigoletto...sarebbero davvero tantissimi i film che si potrebbero elencare.

Se vogliamo convergere su un altro grande della musica italiana, registi come Federico Fellini, Orson Welles, Stanley Kubrick, e Steven Spielberg si sono avvalsi delle opere di Rossini per i loro film. Ricordate, in "Arancia Meccanica", la rissa tra Alex e i suoi drughi, sulle note de "La gazza ladra"oppure "8½" dove nell'immaginazione di Guido, in cerca di una scena di apertura per il suo prossimo lungometraggio, Claudia Cardinale scivola attraverso la scena, figurandosi come la sua fanciulla d'acqua, la sua salvezza, il suo prossimo sorso d'acqua fresca...il tutto accompagnato dall'ouverture de "Il barbiere di Siviglia".

La musica italiana è la massima espressione di come un cinema diviene indimenticabile, con note altrettanto indelebili. Anche se il nostro paese, sebbene la storia lo celebri, ha paradossalmente portato a pensare al musicista come una figura che si diletta anziché considerarlo per l'immane lavoro che svolge, soprattutto quando porta con sé un complesso bagaglio di studi accademici, possiamo ancora sperare e puntare a risorgere attraverso nuovi talenti, nuove proposte e nuove prospettive.

Non sempre i compositori hanno potuto avere, per ragioni temporali, modo di confrontarsi con i rispettivi registi che li hanno omaggiati ma, quando questo avviene, credo che la sintonia che si viene a creare sia la chiave della sinergia che poi farà la differenza nel risultato.


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Fabio fa parte di quella nuova generazione di compositori che hanno le qualità necessarie per dar vita ad un'era di rinnovato pensiero, ma soprattutto una prospettiva della musica che ha necessità di aggiornamento senza venir meno allo studio e all'impegno, che devono esserci a monte. I contesti cambiano, le epoche si susseguono e le storie da raccontare si andranno sempre a modellare in relazione a ciò che strettamente ci influenza, non possiamo quindi rimanere con un'unica visione del passato perché -volgendoci solo indietro- non potremmo scorgere ciò che abbiamo di fronte a noi. Il passato serve per imparare da chi prima di noi ha percorso una strada, per trarre ispirazione e per proporsi di fare ancor più di quello che ci ha preceduto e in alcuni casi, per evitare di commettere determinati errori.

In Italia sussiste ancora il vizio di non dare abbastanza valore alla musica, nonostante il nostro paese abbia sfornato dei talenti incommensurabili...e torna il fatto che, invece, al contrario di noi e fuori da questo paese, c'è chi sa rendere questo mestiere non solo creativamente rispettato ma anche economicamente valorizzato. Mi auguro che il cinema italiano attuale riesca ad eguagliare i fasti di un tempo e che la musica possa abbracciarlo per ricordargli che la forza del nostro genio è eterna. Ogni volta che scorgo in un film il talento della nostra penisola, quando ne percepisco la capacità di entrare sotto pelle, mi illumino e mi animo con lo stesso fuoco che dovrebbe spingere tutti gli artisti a fare il meglio che possono: si può essere ancora immensi.


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Con il violinista Daniele Orlando - Ph: Paolo Perna

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Filarmonica Arturo Toscanini


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