DOMENICO VACCA, rara classe e maestria del bello ma ben fatto
- Elisa Nori

- 11 mar 2023
- Tempo di lettura: 17 min
Aggiornamento: 4 feb 2024
Quando pensiamo al Made in Italy impossibile non associarlo sopratutto agli anni '80, gli anni in cui Milano assume un ruolo fondamentale nel panorama internazionale, trasformandosi in un vero e proprio punto di riferimento, catalizzando stili e tendenze. Grazie anche ad una fiorente industria tessile e ad abili strategie di marketing, viene superata la crisi economica e dagli Usa arrivano comitive di ricche americane a rifarsi il guardaroba; il lusso torna a regnare.
Grazie a Beppe Modenese, manager e presidente onorario della Camera nazionale della moda italiana che nel 1979 organizzò la prima sfilata di moda con la partecipazione di oltre quaranta stilisti nell'area della Fiera di Milano, la città diviene la capitale della moda soppiantando Firenze, Roma e Parigi.
Alan Friedman assiste in prima persona al fermento, lavorando tra il 1983 e il 1989 come corrispondente estero per il Finanicial Times.
Stilisti come Gianni Versace, Gianfranco Ferrè, Ottavio Missoni, Giorgio Armani, Franco Moschino, Dolce & Gabbana, Miuccia Prada, Krizia portano la moda italiana a livelli internazionali memorabili...una vera rivoluzione/rinascimento del gusto.
Ambizione e successo sono le parole chiave che delineano l'ideale di bellezza femminile e maschile; il modello della donna manager vestita adeguatamente sia nel privato che nel pubblico prende il sopravvento, ma anche per l'uomo è onnipresente il power-look.
I completi a doppio petto e con le spalle imbottite che trasmettono forza, imponenza e carisma, come nella serie Miami Vice, diventano un vero e proprio must per gli uomini, ma anche per le donne l'emancipazione è enfatizzata da i tailleur con vita molto stretta;
spalle imbottite, gonna corta e attillata con camicetta elegante si alternano ai tailleur pantalone.
L'ex attore Ronald Reagan e la moglie Nancy, contribuiscono a conferire un tocco di glamour alla Casa Bianca ma anche Ivana Trump e Donald Trump incarnano perfettamente l'ideale del decennio.
Le serie televisive come Dynasty o Dallas rimangono soggetti di studio incredibili per il modo di vivere americano e per la moda degli anni '80.
Il film “American Gigolò” invece consacra Armani, che disegna una collezione di giacche per un Richard Gere seduttore; questo influenza notevolmente le vendite confermando il potere dello schermo di dettare mode e tendenze.
Ripercorse brevemente alcune caratteristiche e le rispettive personalità in vista, di uno dei periodi più floridi e determinanti del made in Italy, se di eleganza, distinzione e buon gusto vogliamo parlare...sicuramente un attuale sostenitore e protettore è Domenico Vacca, stilista nato in una famiglia di sarti e creatori di moda.


Passione e competenza sono due doti estremamente importanti quando si parla di moda e Vacca non solo ha garantito che l'Italia continuasse a splendere e primeggiare, attraverso le sue creazioni, ma è riuscito anche ad assicurarsi una notevole continuità di successo conducendoci dove noi italiani siamo sempre stati acclamati per le nostre doti artistiche.
La sensibilità artigianale e la conoscenza profonda dei tessuti, perché la qualità sia il primo punto inconfondibile di un marchio, non è cosa da tutti ma Vacca lo ha notevolmente confermato portando l’alta sartoria italiana sia tra i divi di Hollywood, che tra gli uomini più potenti del mondo; è stato per questo definito dal New York Times, "Re del lusso" e da La Repubblica "La Ferrari dell'abbigliamento".
Altra nota positiva sono le lodi che non manca mai di tessere per la produzione sartoriale napoletana, di cui ricorda maestria e padronanza superiori a tante altre, con 100 maestri sarti e 250 sarte per cucire e costruire a mano la sua collezione; l'eleganza partenopea ha origini antiche e vanta una storia di grande peso che potremmo far risalire addirittura all'anno 1351, anno in cui fu fondata la Confraternita dei Sartori.

Anche Napoli è tra le città che hanno fatto la storia della moda italiana. Nel territorio campano, sorgono molte industrie di pelli e tessuti che riforniscono le più importanti case di moda, tra cui Dolce & Gabbana, Dior, Prada, Gucci e Chanel.
È impensabile non ricordare il Festival della moda maschile che poi è divenuto il Festival internazionale dell'arte sartoriale; attraverso esso maestri sartori hanno contribuito alla diffusione del Made in Italy nel mondo e molti di loro sono napoletani, basti pensare alle sartorie Attolini, Ciardi o Marinella.
È emozionante come uno stilista punti a far ricordare all'Italia il suo primato nel saper vestire in tutto il mondo, primato che forse va rispolverato nel nostro stesso paese dato che il cambio generazionale ha mutato stile ed abitudini, non sempre in modo intelligente e forse perché ormai è dato troppo per scontato; a non giocare a nostro favore è stato anche il contesto storico degli ultimi anni.
Bisogna quindi rieducare gli italiani a riappropriarsi di quello che è sempre stato loro per diritto e per tradizioni.
Comprare in modo mirato prediligendo tessuti pregiati e di qualità è il fine del marchio Vacca, senza abbandonarsi ad una moda comoda ma talmente informale da diventare trasandata o al contrario eccessivamente contorta e grossolana.
Gli abiti e gli accessori devono raccontare una storia duratura e conferire un riconoscimento a chi li indossa; il bello e ben fatto va unito al semplice ma di sostanza.
Il potenziale italiano è sempre stato illimitato, meno la gestione e le opportunità offerte nel nostro territorio.
Vacca ha scommesso nuovamente sulla sua terra d'origine riportando il il vero made in Italy, fatto conoscere all'estero a chi bramava di vestire come noi, alla portata dei suoi legittimi eredi; scegliendo per prima Roma come sede di una serie di future boutique, città eterna e capitale del cinema italiano, ma anche riagganciandosi ai colori e alla bellezza della Puglia...dimostra sia acutezza mentale ma anche un legame profondo con le proprie radici.
Il riconoscimento verso una terra che oltre ai legami affettivi gli ha insegnato che capacità, eleganza e cura dei dettagli sono fondamentali è tangibile; per poter arrivare ad essere apprezzati in tutto il mondo, bisogna fare sempre la differenza e credo che grazie a lui la moda in Italia tornerà ad essere indimenticabile.

Domenico Vacca è uno stilista, direttore creativo, costumista e imprenditore italiano.
Nato ad Andria, in Italia, figlio di Nicoletta Di Bari e Michele Vacca, trascorre i suoi primi anni di vita nella sua città natale.
La famiglia è profondamente radicata nella moda dal 1920, dato che la nonna Sabina Orciuolo, era stilista e sarta di successo.
Possedeva un atelier con i suoi parenti tutti maestri sarti e trenta sarte, che creavano bellissimi abiti e giacche fatte a mano.
Vacca cresce in questo paese delle meraviglie della sartoria giocando fin da bambino con i tessuti e aiutando i suoi parenti a realizzare le loro creazioni.
Si laurea poi con lode in Giurisprudenza, presso l'Università degli Studi di Bari e si trasferisce a Milano dove lavora presso la sede milanese del prestigioso studio legale americano Baker & Mckenzie; nel 1989 vince una borsa di studio Baker & Mckenzie per studiare all'estero.
Nell'estate del 1990 studia diritto comparato alla Georgetown University di Washington D.C. e nel 1991 si laurea alla New York University.
Lo stesso anno entra a far parte dell'ufficio di Baker & Mckenzie a New York City, dove rappresenta ed assiste molte aziende italiane e marchi di moda tra cui Tod's, Versace, Hugo Boss, Ermenegildo Zegna, Malo, Byblos, Gentry Portofino, l'Agenzia per il Commercio Estero, la TV italiana Networking RAI, nel fare ed espandere la propria attività negli Stati Uniti.
Nel 1995, dopo la morte per cancro del padre, decide di lasciare la carriera di successo in Baker & Mckenzie e seguire le sue passioni: l'editoria e la moda.
Fonda una casa editrice a New York e lancia Italia Magazine, la prima rivista patinata dedicata alla cultura italiana e ai suoi migliori prodotti e marchi.
La rivista raggiunge la tiratura di 200.000 copie ed è disponibile nelle edicole nazionali e in tutte le boutique e ristoranti italiani di lusso a New York, Miami e Los Angeles.
Nel 1997 è fondatore di un evento che si svolge a New York City dove vengono premiate le migliori aziende italiane che operano nel mondo: "The Made In Italy Awards".
Nel 2001 vende la rivista e nel 2002, dopo cinque anni di full immersion nella scuola sartoriale napoletana, lancia una linea di abbigliamento uomo, donna, scarpe, borse e accessori che porta il suo nome: Domenico Vacca.
Tra il 2002 e il 2006 apre sei negozi negli Stati Uniti: New York (Fifth Avenue, Madison Avenue e Soho) Beverly Hills, Bal Harbour e Palm Beach; a questi si aggiunge il negozio di Doha in Qatar.
Dal 2005, diventa uno degli stilisti preferiti dai costumisti di Hollywood e collabora con loro per vestire attori e attrici protagonisti di film come Transformers 3 (John Malkovich), Il figlio di nessuno (Al Pacino), Just Wright (Queen Latifah, Common, Paula Patton), The Inside Man (Denzel Washington, Jodie Foster, Christopher Plummer), Stranger Than Fiction (Dustin Hoffman, Will Ferrell, Queen Latifah), August Rush (Jonathan Rhys Meyers), The Kite Runner (Shaun Toub) e serie TV come Lipstick Jungle (Brooke Shields), il dramma di FX Damages (Glenn Close) e In Treatment (Gabriel Byrne) della HBO.
È proprio Vacca a vestire Denzel Washington in American Gangster e l’amico Forest Whitaker nella serie Goodfather of Harlem e nei film La notte non aspetta e Matrimonio in famiglia.
Anche Terrence Howard nella serie tv Empire e Michael Douglas nella celebre Il metodo Kominsky, indossano i suoi abiti.
Vacca crea guardaroba in più di 50 film e serie TV, per personaggi interpretati, tra gli altri, da Matthew McConaughey, Marisa Tomei, Matt Dillon, Angela Bassett e Alan Alda.
A testimoniare la predilezione delle star del grande schermo per il creativo, basta ricordare che Daniel Day Lewis, Forest Whitaker, Alan Arkin e Melissa Etheridge, al momento di ritirare i loro Oscar, indossavano creazioni di Vacca, scelto anche da Jeremy Piven per i Golden Globe e gli Emmy Awards.
Tra i suoi clienti più fedeli ci sono anche alcune fra le più grandi star della musica come Kanye West, Usher, 50 Cent, L.A. Reid, Sean P. Diddy Combs e Yoko Ono; ma anche attori del calibro di Ashton Kutcher, Denzel Washington, Christopher Plummer, Dustin Hoffman, Jodie Foster, John Malkovich, Jonathan Rhys Meyers, Keri Russell, Melanie Griffith, Nicolette Sheridan, Queen Latifah, Renée Zellweger, Alan Alda, Vincent Gallo, Jack Black , Michael Imperioli, Glenn Close, Jeremy Piven, Will Ferrell, Steve Carell, Antonio Banderas e Scarlett Johansson.
Fra gli atleti, a vestire i suoi abiti sono Lebron James, Scottie Pippen e Steve Smith; La Fortune 500 di New York City. Non mancano VIP come Ronald Perelman, Ronald Lauder, Gustavo Cisneros, Edgar Bronfman Jr, Pepe Fanjul, Giuseppe Cipriani, Ivana Trump e Anne Bass e, addirittura stelle della moda, come Valentino e Tommy Hilfiger.
Ottiene tra i numerosi primi e riconoscimenti, il premio Margutta per la Moda, il premio Four Seasons Eccellenza Italiana, il premio Apulia Best Company Award, Man of The Year, Boy’s and Girl’s Association of America, il premio Pugliesi nel Mondo, Italy on Screen Award for Italian Excellence in the United States, Riconoscimento Eccellenza Italiana nel Mondo dalla Associazione Interparlamentare Italia/Azebaigian del Senato della Repubblica Italiana e Best of the Best Award come migliore collezione moda italiana dalla prestigiosa rivista americana Robb Report per due anni consecutivi.
Tornato di recente alle sue radici, apre nel dicembre 2021 uno store in Piazza di Spagna a Roma dove organizza spesso, eventi culturali diretti a promuovere la cultura italiana ospitando conferenze, presentazioni di libri, vernissage di artisti; l’intenzione di Vacca è quella di portare il marchio, qui in Italia e dall’Italia di espandersi anche in tutta Europa, Europa dell’est ed Emirati Arabi.
Oltre a portare il proprio marchio in giro per il mondo, acquista in Puglia due immobili: un palazzo a Trani sul porto e una masseria all'interno.
Il primo, un monumento del 1400, sarà ristrutturato e diventerà il primo immobile Domenico Vacca; il secondo sarà trasformato in un albergo a 5 stelle, con la medesima denominazione.
Garbo e buone maniere da gentiluomo d'altri tempi, emergono negli abiti di Vacca e nel suo modo di porsi al mondo...ciò ha fatto anche la differenza nell'approccio con tantissimi personaggi famosi per cui ha prestato il suo lavoro e di conseguenza il successo di ogni singolo capo.
Con finezza e signorilità mi ha concesso di capire un mondo che mi è caro e nello stesso tempo ho potuto riconfermare come moda e cinema siano eternamente intrecciate.
Avendo studiato regia e sceneggiatura, posso affermare con certezza che la cura degli abiti destinati ad un set cinematografico è di basilare importanza, perché a contestualizzare e rendere il personaggio credibile nel suo ruolo sono tutte le informazioni necessarie ad inquadrarlo, tra cui per l'appunto abbigliamento ed accessori.
Per un artista come lei, lavorare con persone seppur impegnate in forme d'arte differenti, deve essere uno scambio reciproco di emozioni e di esperienze impareggiabile. Cosa ha provato o prova vedendo i suoi abiti attraverso il grande schermo?
E’ una immensa soddisfazione. Vedere le proprie creazioni sul grande schermo e in TV e’ certamente un'esperienza molto gratificante. Lavorare con attori, per la maggior parte premi Oscar, registi, costumisti e produttori e’ una grande esperienza dove veniamo in contatto con eccellenze del cinema e della televisione e, per noi, aiutarli a dare un senso estetico al loro progetto e aiutare gli attori a “entrare” nel personaggio ci da la possibilità di espandere i nostri orizzonti e far parte di un team, di un progetto, di cui andare fieri.
Quale secondo lei è la differenza sostanziale tra il cinema italiano e quello americano attualmente? Gli americani hanno preso molto del nostro cinema e della nostra musica...Possiamo quindi ritenerci degli artisti geniali, ma con meno mezzi a disposizione per esprimere questo potenziale?
Senz’altro con meno mezzi, e nella maggior parte dei film e serie televisive italiane si vede dal risultato. Il mercato italiano del cinema e della televisione e’ molto più piccolo di quello americano, 60 milioni di persone contro le 360 milioni di persone in America. Questa differenza di mercato detta le vendite al botteghino e le visualizzazioni in televisione, dando a chi lavora in questo settore dei budget limitati anche per la realizzazione dei costumi. In Italia ci si adatta, in America si ha la possibilità di creare costumi per gli attori con dei budget importanti.
Convengo con lei quando afferma che in Italia le persone sono invidiose del successo altrui, mentre in America, forse per ambizione costruttiva, c'è una cooperazione affinché il beneficio sia a vantaggio del sistema e della collettività. Pensa che questa mentalità provinciale, penalizzi l'Italia impedendole di splendere ed allargare i propri orizzonti?
Assolutamente si. Gli italiani non fanno squadra. Sono molto individualisti, vogliono ottenere il successo è sfoggiarlo nei confronti di quelli che ne ottengono meno. In America si fa più squadra, se una persona ha successo tutti lo guardano con ammirazione e cercano di far parte di quella squadra. In America se una persona ha una idea, nella maggior parte dei casi gli altri lo incoraggiano, vogliono far parte del team che svilupperà quella idea, sono più possibilisti. In Italia se qualcuno ha una idea trova subito tantissime persone che lo scoraggiano, che gli dicono che non ce la farà mai o…chi te lo fa fare, troverai tanti ostacoli e non dovresti perseguirla.
La figura dell'artigiano è imprescindibile quando si parla di qualità...Sono una sostenitrice convinta che la storia dietro un abito vada assolutamente narrata, perché la superficialità dilagante venga sconfitta attraverso preparazione, tecnica e metodo.
Lei è a contatto diretto con i migliori artigiani del settore...ci racconti di più.
Da quando siamo entrati nel mercato italiano ci siamo resi conto che la qualità in Italia non è’ più parte della cultura del nostro paese. Molti non capiscono la differenza tra un abito realizzato a mano in Italia e uno realizzato a macchina in modo industriale in qualche paese estero. Stiamo diventando velocemente il paese dove si consuma più fast fashion al mondo. Per gli italiani non fa più differenza se un capo e’ ben fatto, per la maggior parte di loro l’unica cosa che conta è’ il prezzo basso, non si rendono conto delle ore di lavoro che ci vogliono per realizzare un abito di qualità, l’esperienza dei sarti che cuciono ancora tutto a mano, della qualità dei tessuti. E’ come se in Italia la parola qualità sia scomparsa, non esista più nel vocabolario italiano, sono tutti a caccia di capi pieni di loghi possibilmente a poco prezzo. Poi oggi si pensa, e questa è’ una colpa dei giovani stilisti, che più un capo sia “strano” più sia di tendenza, la moda e’ diventata un circo che mette su allegorie più che collezioni di qualità e di gusto. L’Italia rischia di non essere più considerato il paese della moda, nel giro di pochi anni. In America sono avidi di qualità, vogliono sapere come un capo e’ realizzato, dove e’ realizzato, da chi, con quali tessuti.
Tra i grandi attori ed attrici che ha vestito, star della musica o dello sport, quali sono quelli con cui ha un rapporto più stretto e quali sono i film tra i tanti che fanno parte del suo percorso lavorativo a cui è più affezionato?
Posso dire di aver sviluppato rapporti di amicizia con molti di loro, per citarne alcuni Daniel Day Lewis, Forest Whitaker, Mickey Rourke, Jeremy Piven, Glenn Close, Alan Arkin, Dustin Hoffman, registi come Marc Forster, Paul Huggis, scrittori come Nick Vallelonga. E ho vestito anche Al Pacino, Denzel Washington, Harrison Ford, Pierce Brosnan, Diane Keaton, Rene Zelwegger, Brooke Shield e tanti altri.
Tra i film e serie a cui sono più affezionato dove ho contribuito con il mio lavoro sicuramente il primo, American Gangster, dove abbiamo realizzato i costumi di Denzel Washington, poi le serie televisive Entourage per Jeremy Piven, Damages per Glenn Close, Empire per Terrence Howard e per la recentissima serie The Godfather of Harlem per Forest Whitaker.
Il mestiere del costumista è in Italia estremamente prezioso dato che molte produzioni di abiti soprattutto quelli storici, richiedono un lavoro estremamente accurato e meticoloso...
Vantiamo una storia complessa e con radici antiche, crede che questo influenzi anche il lavoro stesso?
Negli abiti storici siamo ancora imbattibili. La più facile reperibilità di sartorie specializzate in abiti storici certamente aiuta nella realizzazione di film e serie televisive di quel tipo.
Speriamo che questa tradizione continui e non vada persa con il tempo.
Svariati personaggi dello spettacolo e del cinema anche italiano vestono il suo marchio, ma vorrebbe in particolare modo occuparsi del guardaroba di qualche celebrità, più di altre?
Non mi sono mai posto questo obiettivo, vestiamo attori bravissimi e normalmente sono loro a trovare noi. Mi piacerebbe vestire altri attori ma ormai sono quasi tutti “sotto contratto” con grandi brand che li pagano profumatamente per indossare i loro capi…anche se nella maggior parte dei casi non sono di loro gradimento, ma ormai la moda diventa sempre più …finanza e meno creatività.
Il primo premio Oscar per i costumi venne istituito solo nel 1948, anche se il successo degli abiti aveva già preso piede molto prima, favorendo la ribalta di tantissimi attori ed attrici; il rapporto d'amore, di lavoro e collaborazione tra moda e cinema è sempre stato radicato e profondo. Quali sono i film che ritiene più belli e significativi per la cura degli abiti e dei costumi nel passato cinema?
Se escludiamo i film storici e ci soffermiamo sui tempi nostri certamente film come American Gigolo’, Casino, 9 1/2 weeks, Il Gattopardo, i film degli anni 50 e 60 italiani, La Dolce Vita, sono senza dubbio tra i più significativi.
Nel suo primo negozio sulla Fifth Avenue ha vestito capi di stato come Bill Clinton e tanti altri, personalità come Ivana Trump con la quale era molto legato, ha clienti come Valentino e Tommy Hilfiger, oltre che la grande Yoko Ono; nomi importantissimi anche se provenienti da settori differenti.
Questo conferma la sua meritata fama e non significa saper suonare una sola nota...questa è una vera e propria opera lirica!
Ha qualche aneddoto a proposito di questi celebri nomi?
Tanti, ci vorrebbe un libro per raccontarli tutti. Yoko Hono, trovarsi nel soggiorno di casa sua a New York davanti al piano bianco di John Lennon e’ essere …nella storia.
Dustin Hoffman che mi racconta del suo incontro a Roma con Federico Fellini e Anita Ekberg e’ stato un’altro momento che non dimenticherò mai, essere sul tappeto rosso del Festival del Cinema di Cannes nel 2022 con Forest Whitaker, vestito Domenico Vacca, che apriva il festival e riceveva la Palma D’Oro alla carriera e che ha voluto che io fossi con lui in questa occasione molto importante; è’ stato certamente un momento significativo anche della mia carriera. E poi essere sul set di più di 50 film e serie televisive per cui abbiamo realizzato i costumi e vedere questi grandi attori al lavoro, fa parte ormai della mia vita e del nostro brand.

Lei è un uomo molto coraggioso oltre che indubbiamente preparato, perché ha sempre investito e portato avanti i suoi progetti anche nei momenti più duri e dalle prospettive incerte. Crede che la chiave vincente sia quella di trovare il modo al di là del contesto? Cosa consiglierebbe a chi volesse intraprendere il suo stesso percorso?
Di non aver paura, l’universo è nostro partner e ci accontenta sempre, prima o poi, bisogna sapere chiaramente cosa si vuole e come dicono gli americani ….go for it!


Italia ed America...due mercati differenti con altrettanti differenti modi di proporsi e di vendere.
Anche il solo concetto di marketing è visto con occhi decisamente discordanti dato che per l'americano è un passo fondamentale per il fine e rientra nella cultura aziendale,
sia per distinguere il proprio brand agli occhi del consumatore che del buyer.
In Italia, invece molte piccole e medie imprese pensano a quanto dovranno vendere per recuperare l'investimento di marketing e non viceversa; non considerano in primis l’investimento di marketing, come punto cardine per sviluppare un nuovo business e potenziare le vendite.
La differenza poi, di conseguenza, influenza tutti i settori ed il risultato ottenuto; se parliamo di cinema, l'Italia ha il difetto di utilizzare spesso e volentieri sempre le stesse figure che monopolizzano lo schermo, senza un adeguato ricambio o quantomeno un'integrazione costante come avviene in America, dove è doveroso creare nuovi talenti, investire su di loro e sponsorizzarli, concedendo così la possibilità di emergere.
La mentalità di squadra si fa sentire anche in questo; sicuramente la recitazione stessa viene affrontata dagli americani con una serietà professionale che in Italia scarseggia.
Mentre gli americani fin da giovanissimi vengono introdotti nelle scuole di recitazione e solo dopo cominciano ad avere ruoli, in Italia è molto facile che acquisita un minimo di notorietà, anche in contesti del tutto slegati al grande schermo, si passi al cinema quasi fosse un gioco.
Questo però lo si vede nel momento in cui dobbiamo tirare le somme, su dove siano concentrati gli attori di maggior successo.
Il talento ha bisogno di essere forgiato adeguatamente e per farlo è necessario mettere a disposizione mezzi sufficienti, ma anche di modificare la propria mentalità e le proprie abitudini.
Noi italiani puntiamo sicuramente su dialoghi più articolati, forse perché siamo sempre stati legati alla parola prima ancora che all'impatto scenico, la nostra stessa lingua ha origini antiche; venendo da una scuola come il neorealismo l'italiano ha un'inclinazione maggiore alla riflessione, alla ricerca dell'immedesimazione nella realtà di tutti i giorni e all'intimità, ma con molta più staticità nelle ambientazioni e con effetti speciali quasi assenti.
Il cinema americano tende ad inserire contesti anche non strettamente reali all'interno dei film, concedendo maggiormente di discostarsi dalla vita quotidiana per proiettarsi in un mondo fatto di azione, di fantasia, di sperimentazione e di personaggi che superano i loro limiti fisici e mentali, forti verso qualsiasi cosa possa porsi sul loro cammino; significativo specchio della società stessa forse, noi inguaribili passionali e sognatori che fatichiamo ad applicare ciò che pensiamo, mentre al contrario l'americano sa sempre in qualche modo come applicare per rendere il sogno concreto; noi nostalgici mentre loro inguaribili ottimisti.
Il nostro paese è stato la patria di tantissime figure illustri e geni incontrastati dell'arte a tutto tondo, molti dei quali però hanno trovato e trovano successo al di fuori della nostra penisola o meglio, quel successo che faccia la differenza.
Nella moda invece siamo passati all'eccesso di impatto scenico, dove il concetto di quantità ha soppiantato quello di qualità come Vacca ha giustamente sottolineato. Molti sono gli stilisti che propongono creazioni surreali ed oniriche, senza spesso però tener conto dell'effettiva praticità dei capi, dei contesti in cui effettivamente essi possano essere utilizzati. Se concepiti come opere d'arte o come abiti da show per rare occasioni, sicuramente c'è chi ne farà uso, ma la moda ha il dovere di arrivare e soddisfare tutti, ma cosi facendo sembra invece rivolgersi solo a chi rientra in determinate categorie.
La moda deve essere senz'altro concepita come libertà e come espressione delle proprie idee, ma anche sapersi adeguare alle esigenze reali del consumatore.
Originalità non significa confusione, modernità non significa mancanza di tecnica e di padronanza dell'inventiva; un capo può essere apparentemente semplice secondo gli attuali canoni, ma non esserlo nella sua realizzazione...la sostanziale differenza tra conoscere la sartoria ed applicare qualche cucitura.
Così facendo, rischiamo di diventare la versione reale di un detto popolare ovvero: "il calzolaio va via con le scarpe rotte."
Se pensiamo che un abito per uomo eseguito completamente a mano è fatto di almeno sessanta ore di lavorazione e 25.000 punti, possiamo comprendere la complessità della qualità; abiti femminili ancora più elaborati e macchinosi richiedono centinaia di ore.
Gli americani invece stanno già da molti anni assorbendo la nostra moda, perché desiderosi di apprendere, di conoscere, di capirne il pregio.
Vacca ricorda come il lusso non è un mero capriccio, ma è il risultato di metodo e passione
e lo fa mettendo a disposizione dei suoi clienti un sistema personalizzato per gli ordini, con la possibilità di scegliere tra più di 2.000 tessuti ed una selezione specifica di pelli.

L'iconica Julie Bag, borsa che a compiuto lo scorso anno ben 20 anni, è stata disegnata da Vacca per l'ex moglie Julie Vacca, fashion icon americana e musa ispiratrice.
Questa borsa dalla forma rotonda e dal design a soffio senza accessori di metallo è protagonista ormai da tanti anni nelle sfilate durante la New York Fashion Week, oltre che nelle boutique Domenico Vacca; realizzata in quattro misure differenti, viene proposta dalla maison Vacca ogni stagione in venti colori diversi e in quattro tipi di pelle.
Con l’apertura del primo negozio in Italia è stata disegnata una Julie Bag con i colori della nostra penisola ed è prevista una collezione in materiali ecosostenibili oltre che una versione dedicata all’attuale moglie dello stilista, l’attrice, modella e presentatrice Eleonora Pieroni.


Il cinema ma ancora più la moda in Italia, devono dirigersi verso una ripresa che possa ritenersi tale, dove mi auguro che le persone che pensano di essere deste, si sveglino del tutto per riportare il lustro che spetta alla nostra terra, così carica di talento ma così povera di mezzi, organizzazione e metodologia.
Abbiamo bisogno di stilisti come Vacca perché le nostre tradizioni non si dissolvano nel vento o peggio, che passino come sempre nelle mani di persone più ingegnose...d'altronde se non ci si accorge del proprio potenziale qualcun altro lo farà per noi.
Vacca ci permette ancora di sognare attraverso i suoi abiti icone come Gianni Agnelli, Marcello Mastroianni, Cary Grant, Paul Newman, Gary Cooper e come vedete attingiamo questi nomi dal passato...sintomo che forse il meglio, soprattutto ora, non è sempre avanti a noi.


CONTATTI:

Sito ufficiale: https://www.domenicovacca.com/
Instagram:
Facebook:



































































Commenti